Sicurezza alimentare: una responsabilità di prudenza o etica?

Prima dell’industrializzazione del sistema alimentare, la sicurezza alimentare sarebbe stata pensata come una pura norma di prudenza. Le norme di prudenza stipulano cosa dovrebbe fare qualsiasi persona competente e ragionevole per raggiungere un dato scopo; sono norme di interesse e preservazione personale. I coltivatori e i preparatori alimentari che falliscono nell’intraprendere le precauzioni necessarie per assicurare la sicurezza del loro stesso alimento verrebbero considerati pazzi più che immorali. Quando altri fanno affidamento alle loro precauzioni, non riuscendo ad eseguirle senza informare o senza cercare il permesso dalle parti interessate potrebbe essere visto come un’infrazione morale. Pertanto ci sono sempre state delle responsabilità di fiduciarie associate al sistema alimentare, ma l’estensione e il raggio d’azione di questi doveri si sono estesi con l’aumentare della complessità tecnologica del sistema di produzione, raccolto, trasformazione, distribuzione e servizio alimentare. Pertanto ciò che era una volta un campo puramente prudenziale è sempre più diventato un campo etico. Molte delle questioni etiche associate all’alimentazione e all’agricoltura contemporanea ha questo carattere. Oggi il sistema alimentare dipende da un’etica sociale implicita che rende l’esercizio di doveri prudenziali per conto di altri un dovere morale. Ma non è sempre stato così. La norma di “caveat emptor” rende l’acquirente di un bene totalmente responsabile di tutti i rischi associati all’uso o possesso del bene. Quando prevale la “caveat emptor” nel sistema alimentare, la persona che accetta l’alimento attraverso l’acquisto o come la realizzazione di un diritto, è d’accordo a sostenere il venditore senza biasimarlo. Diventa allora una norma prudenziale per i compratori di esercitare la dovuta cautela nell’accettare l’alimento, sia se come materia prima che come pasto preparato. Quando l’etica sociale implicata è per i compratori di stare attenti, l’intera serie di attività coinvolte nella produzione, trasformazione e preparazione alimentare cadono nella sfera della prudenza, e le questioni morali non si sollevano affatto. Il sistema alimentare dei secoli passati poneva molti individui in una posizione di controllo diretto della produzione e preparazione dei loro alimenti. Coloro che compravano beni primari o alimenti preparati potevano riconoscere molti segni di scarsa qualità. I tipi di interdipendenza che esistevano in passato, enfatizzavano le relazioni personali tra gli individui che si conoscevano bene l’un con l’altro. Questo genere di sistema alimentare produce un’”economia morale” in cui i doveri per trattare gli alimenti in modo appropriato diventano imbevuti di aspettative complesse e diritti non di mercato. Gli abitanti dei paesini inglesi in epoca pre-industriale, per esempio, sentivano che la coltivazione di grano nei campi dei contadini era di proprietà comune. Quando carri e strade migliori resero possibile di trasportare il raccolto in cerca di prezzi migliori, ci furono delle rivolte di protesta (EP Thompson 1991). Le responsabilità del produttore e del trasformatore per la sicurezza alimentare significano qualcosa di abbastanza specifico in un sistema alimentare in cui vendere carne o grano non sicuri macchierebbe la reputazione di un individuo permanentemente nella comunità. Le interazioni tra vicini che interagiscono tra loro nel corso di varie generazioni creano un’impostazione in cui queste responsabilità diventano questioni di interesse personale condiviso e di preservazione personale della comunità. Non è del tutto irragionevole pensare a esse come norme prudenziali piuttosto ce etiche. Oggi, non ci si può aspettare dai consumatori alimentari che operino la valutazione di rischio necessaria per fare scelte pienamente consapevoli. Per almeno un secolo, l’industria alimentare si è estesa vincendo la fiducia del consumatore, e quando questo sforzo è mancato, i consumatori hanno chiesto alle agenzie del governo di intervenire. Attraverso i loro sforzi collettivi di vincere la fiducia dei consumatori alimentati, i produttori alimentari e l’industria alimentare hanno accettato la responsabilità di esercitare i doveri di prudenza per conto di altri (Burkhardt 1994). Alcuni (ma non tutti) di questi doveri morali hanno una forza legale, e le agenzie di governo impongono leggi e regolazioni per assicurare la sicurezza alimentare. La tensione tra prudenza e moralità, come la tensione tra sicurezza e consenso, non dovrebbe sollevarsi in un sistema alimentare in cui i produttori, i preparatori e i consumatori di alimenti sono tutti della stessa famiglia, e in cui le eccezioni a questo modello accettano un’etica sociale dell’attenzione del compratore. Ma questo non è il sistema alimentare che esiste nei paesi sviluppati, e le tensioni filosofiche in realtà si sollevano. Nonostante queste osservazioni abbiano una ovvia qualità, sorprendentemente è stato fatto poco lavoro sull’etica della sicurezza alimentare. I filosofi, in particolare, hanno ignorato questo argomento quasi totalmente, sebbene pochi giornali siano apparsi sin dalla prima edizione di questo libro. Il filosofo olandese Michel Korthals ha, in particolare, trattato questo tema in una serie di giornali che inquadrano alcune delle questioni, di cui si è discusso in questo capitolo, in termini di differenza tra le prospettive del cittadino e del consumatore, da un lato, e delle attitudini tecniche contro quelle del senso comune, dall’altro (Korthals 2001,2004). Jeffrey Burkhardt (2001) continua a indirizzare l’argomento nel più ampio contesto di investigare sul modo in cui l’atteggiamento scientifico(discusso nel capitolo 3) influenzi la direzione della biotecnologia. Karsten Klint Jensen e Peter Sandoe (2002) hanno esaminato gli atteggiamenti verso la sicurezza alimentare nella struttura degli atteggiamenti razionali verso il rischio. Secondo loro, gli scienziati alimentari tendono a trattare la sicurezza alimentare come una generica questione tecnica che manca di qualsiasi dimensione etica particolare. Questa visione potrebbe essere stata consistente con una prospettiva che vede la sicurezza alimentare come una pura norma prudenziale, ma il cambiamento ovvio nelle circostanze sociali notate sopra ha chiaramente creato responsabilità fiduciarie, elementi di fiducia e strutture di responsabilità etica che semplicemente in passato non esistevano. Come ha argomentato Ralph Early (2002), è tempo per l’industria di considerare l’etica all’interno della struttura di operazione di decisioni (decision making). Tuttavia, l’orientamento relativamente più tecnico verso la sicurezza alimentare potrebbe essere un campo appropriato per continuare la discussione della biotecnologia.

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